Il punto di pareggio (o break-even point, BEP) reddituale è diventato ormai uno strumento di lavoro molto diffuso e le imprese anche di dimensione medio-piccola sono avvezze al suo utilizzo, consapevoli dell’utilità che ne deriva: identificare il volume di vendite che consente di pareggiare i costi. Il raggiungimento del punto di pareggio reddituale non implica,però, che l’azienda sarà in grado di coprire le uscite attese con le entrate previste. Quindi, imprese e iniziative in pareggio reddituale o in utile potrebbero essere non sostenibili finanziariamente.
Il punto di pareggio finanziario può definirsi come il volume della produzione venduta capace di generare un’eguaglianza tra le entrate e le uscite monetarie di un certo periodo.
Sono due le strade da poter intraprendere nella quantificazione del B.E.P. finanziario e variano a seconda le necessità e le analisi aziendali. Infatti, si può pensare che le entrate da considerare siano solo quelle determinate dai ricavi di vendita e dall’incasso di crediti commerciali, oppure che a queste possano aggiungersi anche le entrate relative all’acquisizione di capitali freschi, a titolo di debito o di capitale di rischio. Inoltre, anche le uscite, possono essere non solo quelle già impegnate o determinate dai livelli di produzione del periodo, ma anche altre e aggiuntive, connesse ad esempio a nuovi investimenti e al rimborso di debiti, nuovi o preesistenti. La prima che analizza solo i flussi finanziari della gestione caratteristica evindenzia i volumi minimi per “pagare” i soli costi operativi, la seconda, invece, calcola i volumi minimi da realizzare per poter raggiungere o mantenere l’equilibrio finanziario complessivo aziendale che terrà conto anche degli esborsi della gestione accessoria e finanziaria come il rimborso di finanziamenti e/o mutui.
L’analisi dei volumi di vendita necessari per far fronte alle esigenze di cassa supera e migliora l’informativa base del B.E.F. reddituale, da cui si parte per la valutazione del B.E.P. finanziario. Tale analisi e l’informativa da essa scaturente, è sempre più necessaria per valutare con coscienza nuovi iniziative da intraprendere, per fornire una buona informativa bancaria e per una programmazione di breve/lungo periodo. Essa, invece, risulta quasi obbligatoria per far fronte alle informative dettate dal Codice della Crisi d’impresa in vigore tra qualche mese.
In alternativa o per dare maggiore affidabilità al calcolo del B.E.P. finanziario (da attuare soprattutto nelle realtà aziendali complesse) è sempre utile se non necessario un Modello di Simulazione reddituale/finanziario di breve e medio periodo che consenta di estrapolare una fotografia futura dell’azienda al variare delle ipotesi di riferimento.

Il periodo che stiamo vivendo, con una pandemia globale ancora in corso e crolli generalizzati del PIL nelle economie avanzate, rappresenta il caso emblematico di un macroambiente turbolento ed instabile. In tale contesto l’attenzione manageriale deve focalizzarsi sui miglioramenti apportabili al reporting, ossia a quella attività indispensabile per dare prospettiva ai dati finanziari e far capire agli stakeholders, come gli istituti finanziari, come l’impresa intende affrontare le sfide portate dal COVID-19.
Alla luce dell’elevato grado di cash burn (ricchezza persa) causato dal COVID-19, è diventato essenziale fare ricorso a finanza esterna nel breve periodo. A tal proposito le imprese dovranno rendicontare qual è stato il loro grado di utilizzo delle misure contenute dal Decreto Liquidità, e se vi hanno potuto accedere. Ciò risulta fondamentale non solo per far comprendere le linee di credito attualmente in uso, ma anche la futura possibilità di utilizzo di affidamenti presso il sistema bancario. In considerazione del forte stress cui i patrimoni delle banche saranno sottoposti, in prospettiva di un ulteriore allargamento delle posizioni non performanti, sarà necessario esplicitare i presupposti in base ai quali nel prossimo futuro l’azienda riuscirà a produrre utili e finanza capaci di far rispettare gli impegni finanziari contratti. Potrà essere anche vantaggioso valutare l’eventuale accesso, effettivo o potenziale, a risorse finanziarie esterne al circuito bancario. Oltre agli apporti dei soci o di nuovi soci, eventuali supporti alla liquidità potranno essere forniti attraverso incentivi alle capitalizzazioni, come il recente credito d’imposta o anche dagli interventi Invitalia previsti nel Decreto Rilancio.

Il nuovo Codice della crisi d’impresa, introdotto dal D.Lgs. n. 14/2019, obbliga
l’organo amministrativo ad evolvere la propria gestione aziendale. Il controllo
dell’andamento dei “numeri di bilancio”, in passato fondato troppo spesso su
veloci analisi di fatturato, di volumi prodotti e sul segno del conto corrente,
difficilmente permetteva di cogliere tempestivamente l’inizio della crisi economica
dell’impresa e la potenziale perdita della continuità aziendale. L’introduzione
del concetto di adeguati assetti organizzativi incide anche sui sistemi di
controllo interno che devono evolversi e permettere all’impresa, ed ai propri
controllori, di valutare in ottica futura le performance aziendali e la presenza
di eventuali rischi che possono mettere a repentaglio la “continuità aziendale”.
L’intervento del Legislatore, a cui ha fatto seguito il documento elaborato dal
CNDCEC sugli indici della crisi e dell’insolvenza, obbliga oggi l’organo amministrativo
a dotarsi di un adeguato assetto organizzativo che permetta di rilevare
tempestivamente l’eventuale stato di crisi aziendale ed assumere senza indugio
le idonee iniziative per farvi fronte. In tale contesto, l’impresa deve dotarsi di
strumenti che rendano possibile lo sviluppo della capacità di prevenire la crisi
e di comprendere se esistano o meno sintomi di un possibile peggioramento
delle performance aziendali, affinché gli amministratori possano attivarsi per
tempo individuando gli interventi da porre in essere.
L’organo di controllo (sia esso collegio sindacale, sindaco unico, revisore unico
o società di revisione), la cui funzione ha assunto un ruolo ancora più importante
alla luce delle novità normative introdotte, quando nominato, deve
monitorare che l’organo amministrativo valuti costantemente l’adeguatezza
dell’assetto organizzativo dell’impresa, che sussista un equilibrio economicofinanziario
e quale sia il prevedibile andamento della gestione aziendale.
Al fine di prevenire una possibile crisi aziendale si rende quindi necessario redigere bilanci intermedi,
adottare un’attenta pianificazione dei flussi di cassa aziendali muovendosi in un’ottica
di orientamento temporale e previsionale di medio periodo. Occorre definire
lo scenario dei prossimi 6 – 12 mesi, tenendo sotto controllo indicatori come
quelli di solvibilità e liquidità. In altri termini, la strategia da implementare
è quella di adottare un modello di pianificazione
prospettica che consenta di vigilare costantemente eventuali sintomi di
crisi aziendale e di adottare i rimedi necessari attraverso tempestivi interventi.